Una donna bionda cammina per strada. Una donna bionda abbandona il piano della realtà per entrare in quello delle possibilità. Da questo momento in poi tutto può succedere. La donna bionda è sollevata dal binario su cui si sta svolgendo la sua vita e può o non può riatterrare su un altro diverso. O può non riatterrare affatto. Una sospensione, uno scarto, un blackout.
Questa donna in potenza, questa quantum theory woman che nasce nel momento in cui la realtà si inceppa e si riavvolge su sé stessa, è il punto di incrocio di una serie di eventi reali e di altri che si avvereranno solo come potenzialità. Electra, romanzo che Violetta Bellocchio dà alla luce dopo essere stata aggredita per strada e aver deciso di scomparire, dopo aver assunto l’identità di Barbara Genova e avere scritto e lavorato e pensato in inglese per alcuni anni, incarna il salto nel buio, il momento in cui tutto è possibile e qualcosa accade, uno dei possibili scenari che si impone prendendo il sopravvento sugli altri. Electra, il gruppo consonantico che sbatte contro il palato con un suono che Bellocchio/Genova definisce di macchina da scrivere, la scrittura che dilata all’infinito l’orizzonte delle aspettative e abbraccia gli scenari accaduti e quelli teorizzati, il passato il presente e il futuro e tutte le loro infinite fluttuazioni.
Una donna bionda cammina per strada, viene sollevata dal suo orizzonte degli eventi e riatterra sì nel suo corpo, ma il legame con lo stesso è compromesso. Alla donna è capitato qualcosa di terribile che denuncerà senza essere creduta fino in fondo, una denuncia che porterà a un nulla di fatto come accade a molte donne vittime di violenza. La soluzione che si presenta a questo punto è quella di uscire di scena: smettere i panni della donna bionda famosa, assumere l’identità di una sconosciuta, diventare il proprio lavoro, una voce senza volto. Scegliere un nome d’arte, diventare una seconda e forse una terza persona, stringere amicizia con persone che non conoscono la sua identità di partenza. Scrivere, produrre, pubblicare. Elaborare il trauma, rigenerare il sistema nervoso, scrivere scrivere scrivere.
L’identità della donna si slega dalla sua controparte fisica per diventare un concetto, un’idea, un significato senza significante, irraggiungibile eppure virtualmente straripante di contenuto: un corpo può subire violenza, un’idea no. Un collegamento sul desktop che non porta più da nessuna parte. Clicchi sull’icona e spunta fuori un messaggio di errore, il file originale è stato spostato o eliminato? Il file c’è ancora, il suo contenuto al sicuro dietro un indecifrabile percorso di briciole di pane digitali, irraggiungibile e al contempo a portata di mano. Un paradosso. Il corpo, il significante originario, è ancora lì, da qualche parte, ma resta inafferrabile. Il significato invece attraversa la rete come una scarica elettrica: sei ovunque e da nessuna parte, accadi simultaneamente e in nessun tempo. Un altro paradosso.
La scomparsa è sia via di fuga che performance artistica portata alle estreme conseguenze: il gigantesco pulsante rosso di emergenza da premere quando non rimane altro da fare. Ma anche la possibilità di studiare cosa succede quando il legame con il corpo viene compromesso in seguito a un evento traumatico. Quando scatta l’allarme e non abbiamo un posto dove fuggire perché il perimetro violato siamo noi. Quando diventiamo un discorso in terza persona, una voce senza volto, nessuno e chiunque.
Straniante ed esaltante, magnetica come il canto di una sirena, la scrittura di Bellocchio/Genova è una danza imprevedibile, un flow assuefacente dal ritmo elettrico, cadenzato e musicale, una commistione di scritto e parlato e di italiano e inglese. L’impressione, più che di leggere, è di ascoltare. Percepire le pulsazioni di questa Voce che ti arriva dritta in testa, seguirla mentre si arrampica verso l’alto e poi precipita verso il basso, inafferrabile, agile, istintiva come un respiro. Un’esperienza quasi metafisica, diventare scrittura ed esistere in quanto corpo solo come tramite per la voce.
In Electra, Bellocchio/Genova sperimenta con la forma, il ritmo e la lingua della sua scrittura per consegnare un contenuto individuale, legato a doppio filo alla sua vicenda personale, che pure diventa universale, la storia di cosa resta di noi quando bruciamo ogni legame con la persona che eravamo e impariamo a reinventarci, a restare in movimento, a cambiare faccia e nome per restare in vita, per poter dire che siamo sopravvissutə anche questa volta.